mercoledì 8 dicembre 2010

RICONSIDERARE CARAVAGGIO (PRIMA PARTE) di Fabrizio Fittipaldi.

Avritam jñanam etena
Jñanino nitya-vairina

Kama-rupena kaunteya

Duspurenanalena ca


La coscienza dell'uomo è coperta dalla lussuria,
 la sua eterna nemica, insaziabile e bruciante come il fuoco.
(Bhagavad-gita 3.39)

 
Caravaggio, David con la testa di Golia,
Roma, Galleria Borghese.
Premessa.
Michelangelo Merisi, detto da Caravaggio, è quasi universalmente riconosciuto, ai giorni nostri, come uno dei più grandi maestri dell'arte di tutti i tempi, non solo italiana, ma mondiale. Questo fascino straordinario che esercita sulle coscienze contemporanee va però confrontato con opinioni di epoche diverse, così da arricchire la nostra visione sia rispetto alla natura dell'arte del discusso pittore, sia relativamente alla natura della coscienza collettiva contemporanea. La quale per molti aspetti si trova a corrispondere alle tendenze espresse da quest'artista o quanto meno trova nelle sue opere l'apologia di atteggiamenti e punti di vista che si sono imposti come modelli di riferimento e paradigmi su cui fondare le nostre esistenze. Data la rilevanza dell'argomento sarà bene concentrare la nostra attenzione e le nostre riflessioni; aprirci ad una rinnovata indagine sulla reale qualità di quelle opere e di quegli autori da cui ci lasciamo così profondamente suggestionare.

martedì 23 novembre 2010

UNA CASA SANA RISANA IL CORPO E LA MENTE A cura dell'Arch. Alessandro Checchi.

PREMESSA
Il Vastu-vidya(1), la millenaria e ancora attuale scienza dell'abitare, frutto maturo dell'albero dei Veda(2), considera la casa come un organismo vivente, cioè un corpo fisico reso vitale dalla presenza del vastu purusha(3). Nell'eco-sistema generale, la casa è vista come microcosmo rispetto al grande Cosmo, col quale si trova in connessione. Secondo il Vastu esiste anche un connubio casa-persona, una corrispondenza speculare fra il corpo della casa e il corpo umano, addirittura un'affinità karmica con la nostra natura psico-fisica individuale. Se un organo o una funzionalità nella fisiologia della casa risulta sofferente, è probabile che un' analoga patologia  insorga nel corpo della persona che vi abita.

venerdì 1 ottobre 2010

LA BHAKTI TRA AMORE DIVINO E OPERA NEL MONDO. LA VITA DI SAN FRANCESCO NEGLI AFFRESCHI DI GIOTTO AD ASSISI (PARTE TERZA) di Fabrizio Fittipaldi.

…Le cose tutte quante
hanno ordine tra loro, e questo è forma
che l'Universo a Dio fa simigliante(1).

Questa seconda citazione dantesca ci fa capire come l'opera di Francesco abbia finito per trasformare radicalmente la cultura e la società dell'epoca e come abbia saputo mantenersi e rinnovarsi fino ai nostri giorni, non molto diversamente da quanto abbia fatto il messaggio del suo grandissimo ed eterno Maestro, Gesù di Nazareth, che incarnò questi stessi principi di Amore, fino al limite estremo del proprio stesso sacrificio sulla croce, con lo scopo di trasmettere questo eterno e universale messaggio di compassione e misericordia sconfinate. Questo stesso spirito di sacrificio è condiviso, se pure in misura diversa, sia da S. Francesco, sia da Giotto. Le scene che descrivono le intense attività politiche e sociali di S. Francesco dimostrano che egli non solo dedicò ogni respiro della sua vita al servizio di tutte le creature, ma che lo fece anche impegnandosi intensamente per offrire strumenti concreti affinché tutti potessero prendere parte a questo suo cammino di autorealizzazione.

mercoledì 1 settembre 2010

LA BHAKTI TRA AMORE DIVINO E OPERA NEL MONDO. LA VITA DI SAN FRANCESCO NEGLI AFFRESCHI DI GIOTTO AD ASSISI (PARTE SECONDA) di Fabrizio Fittipaldi.

Giotto, nato solo pochi anni dopo la scomparsa di Francesco, non è un pittore nel senso in cui potrebbe superficialmente intenderlo un uomo immerso nella mentalità moderna. Egli è un vero e proprio seguace degli insegnamenti e dell'altissimo modello tracciato dal più italiano dei santi. Dobbiamo renderci conto che l'influenza di questo messaggio non è rimasta circoscritta all'ambiente monastico, ma ha dilagato oltre i limiti della teologia, affermandosi profondamente nella società e conquistando migliaia di anime desiderose di soddisfare la propria sete di autentica realizzazione spirituale. Tra questa turba fervente che si riversa nelle strade delle città innalzando canti di gloria al Signore, alcune personalità di grande rilievo hanno saputo celebrare e perpetrare le glorie del santo con un'arte che si pone direttamente al servizio del divino. È questo il servizio che con piena devozione, dedizione e rigorosa coerenza hanno realizzato persone come Dante e Giotto, uniti non solo da legami di amicizia, ma ancor di più da un comune e profondo sentire religioso. I frutti del loro intenso scambio sono evidentissimi nelle rispettive iconografie, relative alla vita di S. Francesco, che ripercorrono scena dopo scena gli stessi eventi e le cui differenze possono benissimo essere attribuite alle specifiche esigenze dei committenti. Le stesse qualità intrinseche delle loro opere rispecchiano e manifestano la loro profondissima partecipazione a quei valori e sono straordinariamente corrispondenti tra di loro, come manifestazioni, attraverso linguaggi differenti, degli stessi principi originari.

giovedì 26 agosto 2010

LA BHAKTI TRA AMORE DIVINO E OPERA NEL MONDO. LA VITA DI SAN FRANCESCO NEGLI AFFRESCHI DI GIOTTO AD ASSISI (PARTE PRIMA) di Fabrizio Fittipaldi.

Tutta l'opera fu intrapresa non per un fine speculativo,
ma per un fine pratico... il fine del tutto e della parte
è di rimuovere coloro che vivono in questa vita
dallo stato di miseria e di guidarli allo stato di beatitudine.
(Dante, Epistola a Cangrande).

 Giotto - San Francesco predica agli uccelli, 1297 ca. (Assisi Basilica Superiore).


sabato 14 agosto 2010

SEMINARIO ESTIVO 2010 con Marco Ferrini (Matsyavatara Das).

Bhagavad Gita, Antropologia di una Civiltà.
La Visione e la Promessa dell’Amore nella Bhagavad-gita.




Il Seminario ci ha offerto l'opportunità di stabilire e consolidare tra noi profonde relazioni di amicizia. Per condividere le nostre impressioni, testimonianze e memorie, possiamo scrivere qui i nostri commenti.

Se vuoi fare domande non espresse in sede di Seminario o chiedere l'approfondimento di un tema che più ti ha stimolato, puoi scriverci. Saremo felici di risponderti.

venerdì 30 luglio 2010

LA RICERCA DELL'AMORE NELLA VITA E NELLE OPERE DI LEV TOLSTOJ.

Di Tania Zakharova.

All'apice del grande successo, all'età di 50 anni, Lev Nikolaevic Tolstoj,  lo scrittore, drammaturgo, filosofo e teologo russo, conosciuto in tutto il mondo per le sue opere, entra in una profonda crisi esistenziale. Nella Confessione (1882) egli riferisce di aver attraversato, in concomitanza con la crisi, una depressione, profonda e di esserne uscito grazie all'acquisizione di un'idea di spiritualità vissuta con umiltà e semplicità:

"Compresi allora che dopo questa vita priva di senso, non mi aspettava nulla, mi attendevano soltanto sofferenza, malattia, vecchiaia e distruzione finale. Allora mi chiesi: a che scopo tutto ciò? La mia disperazione era così grande che pensai di suicidarmi. Ma ecco giunge a me la salvezza... mi misi a leggere il Vangelo e ad approfondirne il senso. Non mi trovai solo nella conoscenza della verità scoperta nel Vangelo, mi trovai invece insieme a tutti i migliori uomini del presente e del passato. Ho vissuto dopo di ciò gioiosamente vent´anni della mia vita e gioiosamente mi avvicino alla morte".

giovedì 22 luglio 2010





LEONARDO DA VINCI, LO YOGI DEL RINASCIMENTO ITALIANO.
Di Fabrizio Fittipaldi.

Nell'opera di Patañjali sullo yoga, il diciannovesimo sutra del Samadhi pada può essere così tradotto:

I videha e gli yogi prakriti laya nel momento della rinascita fanno naturale esperienza del samadhi.

Il termine videha indica esseri celesti che hanno corpi di luce; mentre i prakritilaya sono coloro che avendo sviluppato una piena consapevolezza della Natura, vivono spontaneamente l'esperienza del dissolvimento della loro coscienza in essa.
Leonardo appartiene sotto ogni riguardo a questa seconda categoria umana, dai sensi e dall'intelligenza purificati, e il suo speciale rapporto con la Natura caratterizzerà tanto il suo atteggiamento di scienziato, quanto la sua attività artistica, che tra l'altro non è chiaramente distinguibile dalla prima, in quanto ulteriore strumento di conoscenza:

Se tu sprezzerai la pittura, la quale è sola imitatrice de tutte l'opere evidenti de Natura, per certo tu sprezzerai una sottile invenzione, la quale con filosofica e sottile speculazione considera tutte le qualità delle forme: aire e siti, piante, animali, erbe, fiori, le quali sono cinte d'ombra e lume. E veramente questa scienzia è legittima figliola de Natura, perché la pittura è partorita da essa Natura; ma per dir più corretto, diremo nipota de Natura, perché tutte le cose evidenti sono state partorite dalla Natura, delle quali cose partorite è nata la pittura. Adonque rettamente la chiamaremo nipota d'essa Natura e parente d'Iddio.

Leonardo, La Vergine delle Rocce (1483-1486), Museo del Louvre, Parigi.

In particolare Leonardo intende l'atto artistico come un elevatissimo strumento di conoscenza di una realtà suprema che rimane invisibile a uno sguardo superficiale e al quale l'artista accede per un processo contemplativo e meditativo, procedendo dalla percezione sensibile di un determinato oggetto all'esperienza della sua forma sottile:

Questo è 'l modo di conoscere l'operatore di tante mirabili cose, e quest'è 'l modo d'amare un tanto inventore,
ch'invero il grand'amore nasce dalla gran cognizione della cosa che si ama, e se tu non la cognoscerai, poco o nulla la potrai amare.

Leonardo attribuisce una grande importanza al gesto incisivo della mano che col suo agire intelligente trasferisce il contemplato su un piano di immediata visibilità. Si sviluppa un dialogo tra lo sguardo purificato dell'artista e la sua mano che si sforza di riprodurre ciò che -in uno stato di elevata coscienza- si è reso visibile ai suoi occhi, aldilà del velo grossolano delle apparenze. Ciò che la mano registra costituirà a sua volta una base sicura dalla quale l'artista e ricercatore potrà partire per avventurarsi nelle inesplorate e invisibili profondità dell'oggetto e del suo significato.
L'opera d'arte che prende spunto da un oggetto naturale o da un soggetto umano non necessariamente è solo informativa o imitativa; tuttavia è fin troppo facile essere sedotti dagli aspetti individuali e accidentali delle cose che ci stanno dinnanzi, e distolti a causa delle nostre affezioni, dalla visione della forma pura. La possibilità di tali distrazioni è eliminata dall'artista che, svuotando la mente di ogni altro contenuto, si mette all'opera basandosi su un'immagine ricreata interiormente. Anche nel caso di Leonardo, dunque, l'artista opera dall'interiorità all'esteriorità, con forme trascendenti e significanti che emergono dal dialogo costruttivo tra contemplazione e gesto creativo, tra osservazione sensoriale e giudizio intellettuale, e che si riproducono in quello speciale agorà che è il cuore umano. Altrove Leonardo parla di un “giudizio” che sembra identificarsi con l'intelligenza dell'artista: lo strumento psichico che più intimamente dialoga con l'anima e che è funzionale alla sua espressione. A una lettura più attenta la natura di tale “giudizio” sembra rimandare a una dimensione superiore, sintetica e inclusiva, che dovremmo chiamare spirituale: è l'anima stessa a forgiare tale “giudizio” e ad imprimergli quella potenza d'azione plasmante. La forza dell'energia creatrice è in lui sempre contemperata dalla riflessione rigorosa e il suo fare artistico è affatto contrario al cieco operare. L'inesauribile efficacia delle immagini leonardesche si fonda su questa unità di potenza creativa e di pensiero; sul suo fondamentale atteggiamento, che consiste nel porsi al di sopra della propria opera, nella quale, allo stesso tempo, viene ad espressione ciò che supera le possibilità del pensiero logico-razionale:

Quando l'opera sta pari col giudizio, quello è tristo segno in tal giudizio; e quando l'opera supera il giudizio, questo è pessimo, com'accade a chi si maraviglia di aver sì ben operato; e quando il giudicio supera l'opera, questo è perfetto segno.

Leonardo da Vinci, Annunciazione (1472-1475), Galleria degli Uffizi, Firenze.

Secondo Leonardo l'artista è signore dell'opera sua e responsabile dell'energia creatrice che lo attraversa affinché questa non sia ostacolata e deformata, nel suo libero fluire, dai condizionamenti del carattere individuale. Il dialogo tra energia creatrice e “giudizio” si fa nella seguente annotazione ancora più intimo e la loro relazione indissolubile:

Mi pare che sia da giudicare che quell'anima che regge e che governa tutto il corpo sia quella che fa sì che il nostro giudizio innanzi sia il proprio giudizio nostro [...]. Ed è di tanta potenzia questo tal giudizio ch'egli muove le braccia al pittore e gli fa replicare sé medesimo.

E laddove questa energia primaria rimane inviluppata nella psiche individuale, si hanno solo opere determinate dalle caratteristiche del pittore,

e così segue ciascun accidente in pittura il proprio accidente del pittore.

In conclusione possiamo dire che per Leonardo, come per tutte le autentiche tradizioni culturali, l'arte è strumento di conoscenza della realtà spirituale e mezzo per l'elevazione psichica non solo dell'autore (per il quale rappresenta un vero e proprio sentiero di purificazione e autorealizzazione), ma anche dello spettatore attento e sensibile, che rispettosamente si predisponga a lasciarsi permeare dal messaggio di verità che l'opera veicola.

mercoledì 19 maggio 2010

QUALCUNO E' PERFETTO?
L'ARTE TRANSUMANISTICA ALLA RICERCA DELL'IMMORTALITA' (PARTE SECONDA).
Di Tania Zakharova.

Con la tua arte, o Spirito, sconfiggi l'inaridimento della morte.
(Rig Veda)

Negli Usa, dove già tentativi in questo senso sono in atto, in discussione ci sono definizioni di identità, uguaglianza, moralità, sicurezza; il concetto stesso di umanità. Il tecno-positivismo portato all'estremo dai transumanisti è già parte dei programmi di ricerca più avanzati della biomedicina contemporanea. Il progetto postumano, di fatto, è stato già avviato. Ciò di cui i paladini della tecno-scienza e del progresso, non sembrano rendersi conto, sono gli spaventosi “effetti collaterali” che questo terremoto culturale possa provocare. Al momento è impossibile predire tutti i possibili sviluppi di questa manipolazione della natura da parte dell'uomo. In una intervista, Natasha Vita-More prospetta alcuni scenari del futuro come quello, per esempio, dell'"upload", suggerita da alcuni scienziati che lavorato in questo campo: “Un upload è una persona o una entità che è stata copiata in un medium sintetico (elettronico, etc.). Il cervello e la memoria (mente) sarebbero trasferite o 'uploaded' (caricate) in un ambiente/medium differente e l'entità/persona non sarebbe costretta entro determinati attributi fisiologici. Questa stessa entità/persona può downlodarsi (scaricarsi) in un corpo umano o in una varietà di veicoli mobili o meccanismi di trasporto. Noi potremmo vivere in ambienti multipli simultaneamente ed essere parte di differenti personalità. Molto probabilmente si svilupperebbe un controllo centrale o principale dell'entità/persona e le altre personalità sarebbero parte della centrale o principale entità." E' uno scenario veramente agghiacciante di una società di neo-Frankenstein gestiti da pochi eletti di dubbia levatura morale. Il dolore esistenziale che deriva dal portare un corpo in continua trasformazione e deperimento era sentito anche nell'antichità e quindi l'arte, la scienza e la spiritualità erano metodi reali e definitivi per risolvere i problemi esistenziali. Al momento sia la scienza sia la psicologia occidentali non sono riusciti a dare la risposta ai quesiti esistenziali sulla nascita e la morte. La vera natura della realtà non potrà essere nota finché non avverrà un cambiamento radicale nell'approccio alla vita e alla conoscenza. Questo è il motivo per cui la maggior parte dei problemi fondamentali della psicologia come la natura e l'origine della mente, la continuità dell'esperienza, relazione corpo-psiche, l'immortalità dell'essere vivente, rimangono insoluti. Nella psicologia vedica la mente è costituita di materia molto sottile, e mente e corpo, essendo entrambe materiali, possono agire e reagire solo in presenza dell'Atman, che per definizione è quel principio vitale che dà vita a tutti i corpi, che è l’origine della coscienza. La scienza dell'anima, atmavidya, studia innanzitutto la componente di base di ciascun individuo, che è quella spirituale. Secondo la psicologia vedica non esiste una separazione netta tra scienza e arte. L'arte permette di costruire un oggetto la cui bellezza è tratta dai canoni che fondano le proprie radici nelle verità eterne dei testi della Rivelazione e della Tradizione. Le descrizioni di queste opere scientifiche, religiose, simboliche, forniscono il canone all'artista che lavora meditando egli stesso per primo su passi scritturali, su osservazioni dell'universo, sulle forze della natura. Arte di vivere significa comprendere la natura e entrare in armonia con il sistema cosmico-universale. Nella prospettiva della scienza vedica il mondo fisico, quello presentato dai cinque sensi, non esprime tutta la realtà, ma solo un riflesso di essa. Nella teoria della trasformazione (vikara) di Bhaktivinoda Thakura, si asserisce che le forme-immagini del mondo fenomenico sono modificazioni imperfette, vikara appunto, di quelle eterne e perfette del mondo spirituale. Nel Vishishtadvaita Vedanta di Ramanuja il mondo è reale ed è perfino strumento di liberazione dai limiti della materia, se ne facciamo un uso corretto. Se ci identifichiamo con esso, non può che causarci dolore e sofferenza. Secondo i numerosi testi della letteratura vedica il linga-sharira, o corpo sottile, possiede in totale diciotto componenti integrate e funzionanti come un tutt'uno. Di vita in vita ogni individuo si porta dietro, registrate nel corpo sottile, un numero incalcolabile di esperienze che, ogni volta, determinano non solo il successivo corpo fisico, ma anche una particolare visione del mondo. Questo passaggio viene descritto anche nella Bhagavad-gita, dove si spiega che il jiva (l'essere vivente) porta con sé le proprie concezioni di vita nel passaggio da un corpo all'altro e che ogni volta, nel nuovo corpo viene dotato di un particolare set sensoriale, che gravita attorno alla mente: “Come una persona indossa abiti nuovi e lascia quelli usati, così l'anima si riveste di nuovi corpi materiali, abbandonando quelli vecchi e inutili.”(Bhagavad-gita, II-22). Si veda anche Bhagavad Gita XV.9. Nella gerarchia cosmica della Cosmogonia Vedica, i Manusha loka (lett.”i mondi degli umani”) sono i pianeti mediani dove i corpi sono formati da tessuti con altissima percentuale d'acqua; su questi pianeti la vita è breve e tormentata. Alla fine di un ciclo esistenziale dobbiamo “morire” per rinascere in un altro corpo, le cui condizioni sono determinate dalle attività compiute in questa vita. Così l'imprigionamento nella struttura psicofisica continua senza fine per colui che è limitato dalle concezioni materialistiche. Ha senso creare degli ibridi tecno-umanoidi per prolungare la sofferenza dell'umano?

lunedì 26 aprile 2010

QUALCUNO E' PERFETTO?
L'ARTE TRANSUMANISTICA ALLA RICERCA DELL'IMMORTALITA' (PARTE PRIMA).
Di Tania Zakharova.


Con la tua arte, o Spirito, sconfiggi l'inaridimento della morte.
(Rig Veda)

Nell'arco esistenziale di ogni individuo avvengono tante trasformazioni, cambiano esteticamente i volti, i corpi, ma ancor più la mentalità, le convinzioni, il modo di vivere, la forma mentis. Gli umani sono afflitti da molti dolori: la malattia, l'infermità, la vecchiaia, i condizionamenti. Si chiama Primo Posthuman 2005. “Non ha età, non ha genere, non ha razza. E’ l’ essere umano dei sogni, un’utopia alla quale stanno lavorando scienziati e artisti”- così viene definito l'uomo del futuro nell'articolo di Laura Lazzaroni sull'arte transumanista “Qualcuno e’ perfetto(1) E' "un individuo le cui caratteristiche di base sono così superiori a quelle di noi umani, da non essere più considerato umano secondo gli standard attuali, resistente alle malattie e all'età, che ha il controllo del proprio stato psico-emotivo, superiormente predisposto al piacere, all'amore, all'apprezzamento artistico, in grado di sperimentare stati di consapevolezza a noi sconosciuti". Nel Dizionario Enciclopedico del Reader’s Digest, “transumano” è definito come “sorpassante; trascendente; oltre”. Nel Nuovo Dizionario Universale Webster, “transumanizzare” è inteso come “elevare o trasformare in qualcosa oltre l'umano”. Oggi si tende diffusamente a intendere il termine più riduttivamente come una transizione evolutiva dalla biologia umana tradizionale verso una nuova forma di biologia fusa con la tecnologia. Oltre a cercare di superare tutti i confini della biologia, il Transumanismo dunque aspira al miglioramento della condizione umana attraverso le nuove tecnologie, come la nanotecnologia e gli usi avanzati delle comunicazioni. Il transumanismo cerca anche di superare i limiti dell'arte e dell'estetica, per integrare l'arte con la tecnologia, la scienza e la vita stessa. In questa interconnessione tra l'arte e la scienza, i progressi della biotecnologia, dela nanotecnologia e dell'informatica presentano all'uomo un dilemma: quelli che oggi sono strumenti di cura, non potrebbero un domani servire a potenziare i corpi sani? L'artista multimediale, l'autrice di produzione artistiche transumaniste, Natasha Vita-More, suona ottimista: “Garanzia: ventiquattresimo paio aggiuntivo di cromosomi. I corpi abusati verranno sostituiti a spese dell’interessato. Ci riserviamo il diritto di cambiarli con un modello di seconda mano”.

(1) La Repubblica, Inserto D - #439, 26 Febbraio 2005.

martedì 30 marzo 2010

UNA NOTA SULL'ESTETICA DI PLATONE.
di Fabrizio Fittipaldi.

Uno dei grandi equivoci da sfatare, che per secoli ha appesantito e ancora continua ad appesantire l’atmosfera del mondo accademico, è quello che pretende mostrarci un Platone moralisticamente e bigottamente ostile all’arte e come ignaro del ruolo fondamentale che questa svolge per l’individuo e per la società. Effettivamente Platone prende vigorosamente le distanze da una concezione materialistica dell’arte, dalle rappresentazioni false, superficiali e illusorie di una realtà che è essa stessa illusoria e transeunte. Secondo lui queste immagini hanno il solo scopo di celebrare gli ingannevoli piaceri della dimensione materiale, nei suoi aspetti più grossolani o psicologici e, in quest’ultimo caso l’arte rischia di trasformarsi nella narcisistica autocelebrazione della personalità stessa dell’artista. L’arte autentica è piuttosto servizio; superamento, attraverso un coerente processo di purificazione, della propria dimensione egoica; trasformazione di sé in strumenti dell’Assoluto che, attraverso l’artista e nella concretezza della materia prescelta, si manifesta in questo mondo delle condizioni e si rende disponibile a chi, predisponendosi correttamente, desidera accedervi. L’arte è un ponte tra queste due dimensioni e, come l’essere incarnato, partecipa di entrambe. Per Platone l’arte è dunque puramente illusoria quando si propone come riflesso di terzo grado di una dimensione materiale che è già di per sé ingannevole e superficiale, manifestazione secondaria del “mondo delle idee” il quale, finalmente, costituisce l’eterno e supremo ordine che implicitamente sostiene e dirige il cosmo. È solo nella nostra epoca che si sono imposti i concetti di un’arte come modo di sentire e di relazionarsi con il mondo, e dell’esperienza “estetica” sensoriale e psicologica come originaria fonte di ispirazione per chi crea, nonché fine ultimo per lo spettatore che fruisce.

domenica 7 marzo 2010

SEMINARIO CSB: Divinità Umanità e Natura nella Bhagavad-gita

Se è vero che un testo sacro è valido nella misura in cui fornisce strumenti teorici e pratici per poter realizzare livelli superiori di coscienza, è quindi se offre concetti, intuizioni, modelli di vita adatti ad affrontare e risolvere problemi esistenziali degli individui e quelli più complessi della società, allora non è azzardato affermare che la Bhagavad-gita e un'opera di intramontabile valore. I sociologi possono approfondirvi l'architettura sociale contenuta nella dottrina del varna-ashrama dharma; i politici possono riflettere sui drammatici dilemmi del principe Arjuna; gli economisti riscoprire un'economia cosmica che unisce il mondo terrestre a quello celeste, e gli psicologi comprendere e curare aspetti malsani della personalità umana.
La Gita prospetta un equilibrio dinamico tra i contrari, azione e non-azione, ottenuto grazie ad una conoscenza superiore che consente all'individuo di esistere totalmente nelle sue coordinate spazio-temporali, di adempiere ai suoi doveri nel mondo senza evasioni pseudo meditative, e contemporaneamente di aprirsi ad un'autentica dimensione metastorica

Seminario CSB: Antropologia nella Bhagavad-gita

Albettone (VI), 1-5 Aprile 2010
Prabhupadadesh - Via Roma 9, Albettone (VI)
Relatore: Marco Ferrini, Fondatore e Presidente del Centro Studi Bhaktivedanta

Seminario residenziale.

Il programma prevede:
- pratiche di antiche vie di realizzazione interiore: mantra e meditazione
- lezioni di yoga e pranayama
- workshops: laboratori di gruppo sul tema del seminario
- filmati, letture, musica, teatro
- alimentazione vegetariana secondo i principi dello Yoga e dell'Ayurveda

Informazioni e Prenotazioni

Segreteria CSB
0587 733730
320 3264838
secretary@c-s-b.org

giovedì 21 gennaio 2010

L’ARTE E LA PSICOLOGIA DELLO YOGA.
Da una conferenza del Prof. Marco Ferrini (Vicenza, 7 Ottobre 2006).
A cura di Fabrizio Fittipaldi.

L’arte, se non è in tal modo ordinata
a un fine che supera e trascende
il semplice fatto dell'espressione,
può essere paragonata solamente
al farneticamento di un folle.
(Sahitya Darpana)

Arte come Yoga. Arte come strumento di elevazione della coscienza. Arte come mezzo di appercezione e raggiungimento di una realtà superiore e assoluta. Arte come espressione di quella creatività che ci fa simili a Dio.

Psicologia regia, che non indaga esclusivamente i bassifondi della coscienza, i complessi di colpa, le fobie e i condizionamenti; che conduce l’essere, il soggetto, a sperimentare la sua natura spirituale.

Due vie differenti, che ci richiamano, entrambe, al ruolo fondamentale che la disciplina e l’autocontrollo svolgono, al fianco dell’entusiasmo e della determinazione, in qualsiasi processo autenticamente costruttivo ed evolutivo.

Un parallelo tanto appropriato da poter essere espresso da un’unica terminologia, quella degli Yoga Sutra di Patañjali e più in generale dello Yoga Darshana.

Cominciamo da questo: la parola originale greca da cui deriva “estetica” significa “percezione attraverso i sensi”, e questa è una facoltà che abbiamo in comune con gli animali e con i vegetali, ed è irrazionale. È solo nella nostra epoca che si sono imposti i concetti di arte come modo di sentire, e di “esperienza estetica” come originaria fonte di ispirazione per chi crea, nonché fine ultimo per chi fruisce, lo spettatore. Fin dalle sue origini l’Arte (quella con la “A” maiuscola) non è mai stata un sollazzo, un trastullo o un momento per generare una fuga dalla realtà o dalle proprie responsabilità. L’Arte, secondo tutte le tradizioni, è piuttosto una forma di conoscenza che si avvale delle più alte virtù intellettuali e che si propone di esprimere la verità in maniera efficace, e il suo campo semantico originale è dunque molto più affine all’alta “retorica” che non alla superficiale “estetica”. Questa, inevitabilmente, ci allontana dai valori universali, catapultandoci nel relativismo soggettivista dell’esperienza individuale, tanto del creatore che percepisce il mondo secondo il filtro della propria psiche, come del fruitore che giudica l’opera in funzione di quei condizionamenti che limitano la sua visione. L'arte che non si pone al servizio della verità è più o meno sterile e spontaneamente votata al commercio. Sintomatico è il ruolo dominante che hanno assunto il mercato e le sue “quotazioni” in un periodo come quello contemporaneo, in cui si è affermato il principio dell’assoluta soggettività dell’esperienza artistica, tutta schiacciata sul piano emotivo e sentimentale. L’autentica opera d’arte si costituisce come un bene imperituro e con il trascorrere del tempo rinnova il suo vigore, lasciando un’impronta profonda nel cuore di chi è ancora in grado di “leggerla” e nella storia stessa dell’umanità, lungo il sentiero della sua evoluzione coscienziale.

Luca Giordano, Allegoria della Prudenza.
Affresco, 1684-1686, Firenze, Palazzo Medici-Riccardi.

Esiste uno stato di coscienza nel quale risulta più facile pervenire alla soluzione di un problema: lo stato di concentrazione (in sanscrito dharana). Questa speciale conformazione del corpo psichico individuale (cittah) si consegue nel momento in cui i cinque sensi (indriya), domati da una mente (manas) controllata e dall’intelligenza (buddhi), si dirigono, senza dispersioni o distrazioni, verso un unico punto, sul quale si concentra tutta la forza psichica del soggetto. In questo modo, investendo l’oggetto della sua concentrazione con il massimo potenziale, la persona diventa in grado di compiere un lavoro molto più intenso e complesso. È un fenomeno analogo a quello della lente che fa convergere i raggi del sole in un solo punto: quando riesce in quest'intento, in quel punto c'è il massimo calore che può incendiare la carta, il legno, la stoffa e perfino fondere i metalli. Ma cos’è che decentra la mente e che né riduce le potenzialità? Nient’altro che l’attrazione incontrollata che certi oggetti impongono ai nostri sensi, frammentando il nostro flusso psichico in mille rivoli. Nella Katha Upanishad, uno dei testi più autorevoli sullo Yoga, i sensi sono paragonati a cavalli impetuosi e selvaggi: quando i contenuti mentali, la forza del desiderio, la volontà e la motivazione riescono a governarli come un buon auriga fa per mezzo delle sue redini, solo allora i sensi concorrono armonicamente, sinergicamente a farci procedere in una data direzione, rendendo conseguibili risultati altrimenti impossibili. Conoscendo le giuste tecniche e applicando delle pratiche sperimentate con successo per millenni, diventiamo esperti e in grado di accedere ad un altissimo livello di concentrazione, senza dover dipendere da nessuna sostanza esterna a noi, come tabacco, alcool, caffè o qualsiasi altro psicoattivo. A dharana (concentrazione) segue dyana (meditazione). Lo stato meditativo si consegue a seguito di una ulteriore trasformazione e disposizione del corpo sottile individuale (cittah), a cui si perviene in maniera del tutto naturale quando il soggetto, essendo riuscito a mantenere la concentrazione su di un oggetto per un tempo sufficientemente lungo, ne penetra la natura apparente. A questo punto si verifica un fenomeno di assorbimento diretto delle informazioni proprie della natura essenziale e invisibile dell’oggetto, le quali non si fermano più al piano intellettuale, ma penetrano in profondità andando a stabilire un legame forte e intimo tra il conoscitore e ciò che è conosciuto. Insomma, dell'oggetto che si osserva non se ne conosce più solo l'apparenza ma il contenuto. Ecco dove comincia l'arte! Perché l’Arte sia veramente tale, questi contenuti devono appartenere ad un livello di realtà superiore, costituita di gioia intensa, di luce, di senso di eternità, di immortalità, di libertà, di amore. Nell'arte, come nella religione, rare persone hanno raggiunto la dimensione spirituale come descritta nelle Scritture Sacre più elevate: un livello di visione mistica o, per dirlo in sanscrito, lo stato di samadhi. Questo è lo stato di ispirazione che può essere di natura religiosa o artistica, ma anche scientifica e filosofica. In altre parole non vivere secondo la nostra natura interiore, che è luce, splendore, gioia e amore è come non vivere. Non vivere ispirati è come non vivere. Non vivere illuminati è come non vivere. E il vero filosofo, il vero mistico, il vero artista, il vero scienziato è solo colui che accede a questa dimensione. L'Arte e la psicologia hanno molto da dire all'uomo moderno. Lo scopo di entrambe è quello di rimandarci ad una dimensione altra, dimenticata, che costituisce la nostra dimora, da dove noi proveniamo e dove possiamo vivere secondo la nostra natura e secondo le nostre aspettative più elevate di libertà, immortalità, estasi ed amore. Rifiutate l'arte, la religione, la filosofia e la psicologia quando non producono questi effetti, quando non vi invitano a volare al di là del limitato mondo delle condizioni. Per questi voli siamo già attrezzati, ma abbiamo bisogno di riscoprire le nostre potenzialità. Noi siamo già stati a quel livello e, quando sogniamo, ritorniamo a quel livello. Nei nostri momenti migliori, quando scambiamo la più alta qualità di relazione con le persone alle quali vogliamo bene, torniamo a quel livello. I più, pur toccandolo, non riescono a stabilizzarvisi; lo sfiorano e ritornano in basso, ricominciando a vedere il mondo pieno di amici e di nemici, di simpatici e di antipatici, di bello e cattivo tempo, di gioventù e di vecchiaia. Tutti questi dualismi sono la trappola più grande per noi che siamo al di sopra di ogni dualismo.

Riferimenti audio e bibliografici:
Ananda Coomaraswamy, Il grande brivido, Milano, 1987.
Marco Ferrini, Arte e Psicologia, Vicenza, 7/10/2006. Mp3.
Marco Ferrini, Psicologia dello Yoga, Ponsacco (PI), 2004.