Uno dei grandi equivoci da sfatare, che per secoli ha appesantito e ancora continua ad appesantire l’atmosfera del mondo accademico, è quello che pretende mostrarci un Platone moralisticamente e bigottamente ostile all’arte e come ignaro del ruolo fondamentale che questa svolge per l’individuo e per la società. Effettivamente Platone prende vigorosamente le distanze da una concezione materialistica dell’arte, dalle rappresentazioni false, superficiali e illusorie di una realtà che è essa stessa illusoria e transeunte. Secondo lui queste immagini hanno il solo scopo di celebrare gli ingannevoli piaceri della dimensione materiale, nei suoi aspetti più grossolani o psicologici e, in quest’ultimo caso l’arte rischia di trasformarsi nella narcisistica autocelebrazione della personalità stessa dell’artista. L’arte autentica è piuttosto servizio; superamento, attraverso un coerente processo di purificazione, della propria dimensione egoica; trasformazione di sé in strumenti dell’Assoluto che, attraverso l’artista e nella concretezza della materia prescelta, si manifesta in questo mondo delle condizioni e si rende disponibile a chi, predisponendosi correttamente, desidera accedervi. L’arte è un ponte tra queste due dimensioni e, come l’essere incarnato, partecipa di entrambe. Per Platone l’arte è dunque puramente illusoria quando si propone come riflesso di terzo grado di una dimensione materiale che è già di per sé ingannevole e superficiale, manifestazione secondaria del “mondo delle idee” il quale, finalmente, costituisce l’eterno e supremo ordine che implicitamente sostiene e dirige il cosmo. È solo nella nostra epoca che si sono imposti i concetti di un’arte come modo di sentire e di relazionarsi con il mondo, e dell’esperienza “estetica” sensoriale e psicologica come originaria fonte di ispirazione per chi crea, nonché fine ultimo per lo spettatore che fruisce.
martedì 30 marzo 2010
Uno dei grandi equivoci da sfatare, che per secoli ha appesantito e ancora continua ad appesantire l’atmosfera del mondo accademico, è quello che pretende mostrarci un Platone moralisticamente e bigottamente ostile all’arte e come ignaro del ruolo fondamentale che questa svolge per l’individuo e per la società. Effettivamente Platone prende vigorosamente le distanze da una concezione materialistica dell’arte, dalle rappresentazioni false, superficiali e illusorie di una realtà che è essa stessa illusoria e transeunte. Secondo lui queste immagini hanno il solo scopo di celebrare gli ingannevoli piaceri della dimensione materiale, nei suoi aspetti più grossolani o psicologici e, in quest’ultimo caso l’arte rischia di trasformarsi nella narcisistica autocelebrazione della personalità stessa dell’artista. L’arte autentica è piuttosto servizio; superamento, attraverso un coerente processo di purificazione, della propria dimensione egoica; trasformazione di sé in strumenti dell’Assoluto che, attraverso l’artista e nella concretezza della materia prescelta, si manifesta in questo mondo delle condizioni e si rende disponibile a chi, predisponendosi correttamente, desidera accedervi. L’arte è un ponte tra queste due dimensioni e, come l’essere incarnato, partecipa di entrambe. Per Platone l’arte è dunque puramente illusoria quando si propone come riflesso di terzo grado di una dimensione materiale che è già di per sé ingannevole e superficiale, manifestazione secondaria del “mondo delle idee” il quale, finalmente, costituisce l’eterno e supremo ordine che implicitamente sostiene e dirige il cosmo. È solo nella nostra epoca che si sono imposti i concetti di un’arte come modo di sentire e di relazionarsi con il mondo, e dell’esperienza “estetica” sensoriale e psicologica come originaria fonte di ispirazione per chi crea, nonché fine ultimo per lo spettatore che fruisce.
domenica 7 marzo 2010
SEMINARIO CSB: Divinità Umanità e Natura nella Bhagavad-gita
Se è vero che un testo sacro è valido nella misura in cui fornisce strumenti teorici e pratici per poter realizzare livelli superiori di coscienza, è quindi se offre concetti, intuizioni, modelli di vita adatti ad affrontare e risolvere problemi esistenziali degli individui e quelli più complessi della società, allora non è azzardato affermare che la Bhagavad-gita e un'opera di intramontabile valore. I sociologi possono approfondirvi l'architettura sociale contenuta nella dottrina del varna-ashrama dharma; i politici possono riflettere sui drammatici dilemmi del principe Arjuna; gli economisti riscoprire un'economia cosmica che unisce il mondo terrestre a quello celeste, e gli psicologi comprendere e curare aspetti malsani della personalità umana.
La Gita prospetta un equilibrio dinamico tra i contrari, azione e non-azione, ottenuto grazie ad una conoscenza superiore che consente all'individuo di esistere totalmente nelle sue coordinate spazio-temporali, di adempiere ai suoi doveri nel mondo senza evasioni pseudo meditative, e contemporaneamente di aprirsi ad un'autentica dimensione metastorica
Seminario CSB: Antropologia nella Bhagavad-gita
Albettone (VI), 1-5 Aprile 2010
Prabhupadadesh - Via Roma 9, Albettone (VI)
Relatore: Marco Ferrini, Fondatore e Presidente del Centro Studi Bhaktivedanta
Seminario residenziale.
Il programma prevede:
- pratiche di antiche vie di realizzazione interiore: mantra e meditazione
- lezioni di yoga e pranayama
- workshops: laboratori di gruppo sul tema del seminario
- filmati, letture, musica, teatro
- alimentazione vegetariana secondo i principi dello Yoga e dell'Ayurveda
Informazioni e Prenotazioni
Segreteria CSB
0587 733730
320 3264838
secretary@c-s-b.org