mercoledì 25 maggio 2011

ARTE COME YOGA (SECONDA PARTE).

L'esperienza artistica nella classicità del pensiero indiano.
Secondo la tradizione psicologica indovedica il desiderare è funzione insopprimibile ed essenziale all’esistenza. Ogni individuo esprime determinate necessità che corrispondono alla natura della specie a cui appartiene. Il Vishnu Purana ci parla di ben 400.000 specie umane, che non hanno nulla a che vedere con differenze razziali, ma che scaturiscono dalle diverse, potenzialmente infinite, combinazioni delle tre influenze materiali (guna) che ciascuna di esse subisce in proporzioni variabili, e che costituiscono gli elementi di base dell’intera realtà psicofisica: ignoranza (tamas), passione (rajas) e virtù (sattva). Ad ognuna di queste diverse combinazioni corrisponde dunque uno specifico desiderare, che è immediatamente coordinato al piano dei comportamenti e della morale, e a quello dei valori di riferimento e dell’etica.

Krishna e Arjuna sul carro di battaglia, sec. XVIII-XIX.
 Che moralità del desiderio e moralità dell’esistenza coincidano è confermato da Krishna stesso(1), che nella Bhagavad-Gita afferma: 

martedì 10 maggio 2011

ARTE COME YOGA (PRIMA PARTE)

L'esperienza artistica nella classicità del pensiero indiano(1).
L’uomo in quanto animale (pashu) ha come suo unico fine la sopravvivenza, e come tale può sussistere di “solo pane” senza ricorrere alle opere d’arte; ma l’uomo in quanto persona (purusha) ha dinnanzi a sé altri fini (purushartha)(2) che può raggiungere solo mediante opere d’arte(3) ad essi ordinate. L’opera d’arte può essere intesa come una sorta di cibo, che nutre il sé cosciente, in quanto individuo vivente (jiva); cibo con il quale gli uomini realizzano i fini che desiderano e a cui aspirano.

Mahishamardini; Mahabalipuram, grotta di Mahishamardini. Pallava, sec.VII.
Dalle opere d’arte lo spettatore è nutrito nei suoi modi di essere vegetativi-sensoriali, e ram-memorato e rigenerato nei suoi modi di essere intellettuali-ideali che rimandano alla sua pura dimensione spirituale. In tutte le opere d’arte esiste una combinazione di fattori formali-ideali e materiali-sensoriali, che le colloca sul piano specificamente umano; si distinguono dagli oggetti naturali in quanto non sono solo sensibili, ma anche intellegibili, e dai loro prototipi celesti in quanto non sono solo intellegibili, ma anche sensibili. L’opera d’arte è uno strumento di ricongiunzione (yoga), è matrimonio tra cielo e terra; è un ponte tra due dimensioni irrinunciabili che definiscono lo spazio esistenziale dell’essere umano evoluto, che non tradendo le proprie necessità e responsabilità mondane, coltiva nel mondo le proprie aspirazioni verso la realizzazione del sé spirituale e dell’Assoluto.